Intervista a Rebecca e Sofia Domino - Un lettore è un gran sognatore | Blog di letteratura, storia, cultura, teatro

venerdì 21 febbraio 2014

Intervista a Rebecca e Sofia Domino

Buona sera ^^


Come vi avevo anticipato nel post di questa mattina, ecco un'intervista! Ho intervistato per voi Rebecca e Sofia Domino, le due sorelle che hanno scritto due romanzi riguardanti l'olocausto.

Curiosi di sapere cosa mi hanno raccontato? Allora continuate a leggere!

 





-          Ciao Rebecca e Sofia, benvenute!
Rebecca e Sofia: Grazie per il benvenuto! E grazie anche per averci ospitato!

-          Iniziamo con una piccola presentazione, chi sono Rebecca e Sofia?
Rebecca e Sofia: Siamo due sorelle della Toscana. Abbiamo 29 e 26 anni e siamo legatissime sin dall’infanzia. Siamo due ragazze semplici, ci piace viaggiare, leggere, andare al mare, passare il tempo con il nostro cane e, ovviamente, scrivere.


-          Che bello vedere come siete unite!
Com'è nato il vostro amore per la scrittura?
Rebecca e Sofia:  Entrambe abbiamo cominciato a scrivere alle scuole elementari. La scrittura ci ha appassionate sin da piccole e ci riteniamo fortunatissime ad avere una passione che ci fa sentire così vive e ci appassiona tantissimo! Purtroppo durante l’adolescenza l’abbiamo messa da parte perché siamo andate a vivere per un anno fuori dall’Italia e perché i nostri obiettivi, i nostri sogni, erano diventati altri. Adesso però siamo tornate al nostro amore primario e non smetteremo più di scrivere!

-          I vostri libri, “La mia amica ebrea” e “Quando dal cielo cadevano le stelle” trattano l'argomento dell'olocausto. Cosa vi ha spinte a scrivere due libri inerenti a questo tema?
Rebecca: Ho sempre voluto scrivere un romanzo sull’Olocausto perché penso che, più passa il tempo, più sia importante ricordare gli orrori e le tragedie di un passato ancora non troppo lontano. Non so perché, ma ho una predilezione a scrivere romanzi dal punto di vista di personaggi che possono sembrare sbagliati. Naturalmente è importante continuare a ricordare gli ebrei che hanno sofferto e hanno perso la vita per mano dei nazisti ma mi sono chiesta: che cosa voleva dire nascere nella Germania nazista? Josepha, la protagonista di “La mia amica ebrea” ha quindici anni, quindi è nata nel 1928 (il romanzo è ambientato nel 1943). Quando lei è nata Hitler era già al potere, anche se non come nel 1943. Sin dall’infanzia Josepha, come il resto dei tedeschi, è stata indottrinata a pensare che gli ebrei fossero il male, a odiarli. Naturalmente, non voglio giustificare i tedeschi che cedettero davvero alla propaganda di Hitler perché penso che, perché certi discorsi attecchiscano, debba esserci già del marcio alla base, ma ho voluto accendere i riflettori sulle persone che, a dispetto della propaganda, hanno ascoltato la voce della propria anima e hanno capito che le parole di Hitler erano sbagliate. Volevo scrivere una storia semplice, la storia di un’amicizia fra due ragazze diverse che si scoprono molto simili. Volevo dar voce a tutti i tedeschi che, durante gli anni della Seconda Guerra Mondiale, hanno corso dei rischi in prima persona per aiutare gli ebrei.
Sofia: Ho sempre voluto dare una voce a chi non ne ha una e ho sempre voluto parlare del nazismo, della persecuzione degli ebrei e di tutti coloro che sono stati rinchiusi nei campi di concentramento. L’occasione è arrivata con “Quando dal cielo cadevano le stelle”. La protagonista è Lia, una ragazzina romana di tredici anni. Come tutte le ragazzine sogna, vive il primo amore, vuole diventare qualcuno, gioca, scherza, ride… eppure è diversa dalle altre perché è ebrea. Ma che cosa vuol dire essere ebrei durante la Seconda Guerra Mondiale? So che sono già usciti numerosi libri che trattano questo tema, ma penso che ogni libro abbia qualcosa di diverso da dire. Lia ha la sua vita, ha la sua famiglia, ha i suoi problemi, ha le sue speranze... ma tutto crolla il 16 ottobre 1943, quando la Gestapo rastrella il ghetto ebraico di Roma. Lia e la sua famiglia vengono stipati in un carro bestiame e internati ad Auschwitz. Il mio romanzo non si ferma qui e assieme a Lia siamo rinchiusi dietro un filo spinato… ho voluto mostrare più lati possibili del nazismo e della Seconda Guerra Mondiale. Ho voluto ricordare tutti quegli ebrei che hanno perso ogni cosa, la vita, la dignità, la famiglia, tutti quegli innocenti uccisi nelle camere a gas, i giocattoli dei bambini trovati ad Auschwitz, gli esperimenti, il freddo, i lavori, le percosse delle SS… ma ho anche voluto raccontare i sogni di Lia, che potrebbe rappresentare una di tante quelle ragazzine ebree confinate ad Auschwitz. Ho voluto, appunto, dare una voce a chi non ne ha avuta una affinché nessuno dimentichi e affinché tali atrocità non siano ripetute.

-          Quanto tempo avete impiegato a ricercare materiale per scrivere il romanzo?
          Tra i libri che avete consultato, ce n'è uno che vi ha colpito più degli altri?
Sofia: Ho impiegato vari mesi per trovare tutto il materiale. Ho svolto numerose ricerche e ho letto altrettante testimonianze, sia di chi ha vissuto durante la Seconda Guerra Mondiale sia di coloro che sono stati rinchiusi nei campi di concentramento. Una volta finito di trovare il materiale, allora ho potuto arricchire la trama. Ho consultato numerosi libri e non ne ho uno preferito, perché in ogni libro ho trovato qualcosa d’importante. Anche una piccolezza che ha reso il tutto ancora più veritiero. Inoltre, naturalmente, ho letto anche testimonianze come “Se fossi un uomo” di Primo Levi, “Ho sognato la cioccolata per anni” di Trudi Birger, “Quando Hitler rubò il coniglio rosa” di Judith Kerr, “Il diario di Anna Frank” e “Mi ricordo Anna Frank”, testimonianza di Hannah – Hanneli – Goslar. Questi sono soltanto alcuni dei libri - diari - testimonianze che ho letto e, come detto, da ognuno ho imparato tanto.
Rebecca: Ho impiegato diversi mesi a svolgere le ricerche per il romanzo e no, non c’è un libro che mi ha particolarmente colpita fra quelli su cui ho svolto le suddette ricerche. Purtroppo non ci sono molti libri – testimonianze di persone tedesche che hanno aiutato gli ebrei, quindi mi sono documentata sulla situazione sociale e politica della Germania di quei tempi, sulla vita quotidiana ad Amburgo, sulle reazioni della gente alla guerra, sulle tragedie che colpirono la città, su come la salita al potere di Hitler avesse cambiato le vite degli ebrei, sui campi di concentramento (anche se i protagonisti del mio romanzo hanno delle idee molto vaghe al riguardo, perché allora la gente non ne sapeva quanto adesso) e poi mi sono chiesta: che cosa avrei fatto se una famiglia di ebrei avesse bussato alla mia casa di ariana?

-          Scrivere un romanzo sull'Olocausto non deve essere stata una cosa molto semplice. Avete trovato qualche difficoltà nel far svolgere la storia in un periodo della storia realmente esistito?
Rebecca: No, non ho trovato nessuna difficoltà. Come ho detto nella risposta precedente ho svolto numerose ricerche per farmi un’idea quanto più possibile veritiera della vita durante la Seconda Guerra Mondiale, inoltre abito in un paesino dove conosco un po’ tutti e ci sono tante donne che ora sono anziane e che ricordano gli anni della guerra. Naturalmente la vita ad Amburgo era molto diversa da quella in un paesino toscano, però parlando con loro ho sentito la “voce della guerra” e sono stati momenti importanti e preziosi, non tanto ai fini del romanzo, quanto proprio perché queste persone sono fra gli ultimi superstiti di un periodo storico tanto drammatico.
Sofia: Scrivere un romanzo sull’Olocausto è sicuramente impegnativo, ma per uno scrittore è anche un’esperienza molto importante. Non ho mai pensato di smettere di scrivere “Quando dal cielo cadevano le stelle”, neanche quando arrivavo nei punti più difficili. I punti crudi, veri, tristi, belli… i punti ricchi di emozioni sono i miei preferiti da scrivere, perché posso esprimermi al meglio. Inoltre, come ho accennato prima, volevo dare una voce a chi non ne ha avuta una quindi è stato molto importante svolgere la storia in un periodo storico realmente esistito.

-          Sofia mi piacciono molto i romanzi che danno voce a chi non ne ha avuta in passato, quindi direi che hai fatto un’ottima scelta. Rebecca penso ogni testimonianza sia indispensabile, quindi fai bene a ritenerli momenti preziosi!
C'è qualche aneddoto particolare accaduto durante la stesura che volete raccontare ai vostri lettori?
  Sofia: Che bella domanda! Un aneddoto?... molte volte mi vengono fatte domande in merito al titolo del mio romanzo “Quando dal cielo cadevano le stelle” e voglio dire che è un titolo che mi è venuto durante la scrittura del romanzo, non prima. Ritrovandomi a stretto contatto con Lia e ritrovandomi a “vivere” con una famiglia di ebrei durante la Seconda Guerra Mondiale, ho capito quanto le stelle cucite sulle loro vesti, in molte nazioni ed anche in campi di concentramento come Auschwitz, li deferenziassero ancora di più dagli altri. Ecco com’è nato il titolo del mio romanzo, vivendo a stretto contatto con i miei personaggi. In una scena, infatti, Chalom, il fratellino di Lia di cinque anni, chiede alla nonna perché gli ebrei siano costretti a cucire delle stelle sui vestiti. Perché le stelle vengono strappate dal cielo come gli ebrei dalle loro case? Le stelle non devono stare nel cielo? La risposta è sì, le stelle devono stare in alto, devono brillare lassù, ma durante la Seconda Guerra Mondiale le stelle cadevano dal cielo…
Rebecca: Forse non è proprio un aneddoto, ma quando scrivo sono solita ascoltare delle canzoni che mi aiutano durante i passaggi più cruciali e aggiungono pathos alla storia. Nel caso de “La mia amica ebrea” ho ascoltato “Imagine” di John Lennon e “Let it be” dei Beatles, due canzoni che giustamente fanno parte di quelle intramontabili e che hanno dei testi molto belli, con dei messaggi che ben si addicono a “La mia amica ebrea”. Un esempio è una parte di “Imagine”:

Imagine there's no Countries
It isn't hard to do
Nothing to kill or die for
And no religion too
Imagine all the people
Living life in peace...

Dopo aver finito il romanzo, inoltre, mi sono imbattuta casualmente in “The last day on Earth” di Kate Miller – Heidke che non avevo mai sentito prima e che è diventata, per me, la “colonna sonora” del mio libro. Penso che la musica dia più spessore agli eventi e suggerisco a coloro che si apprestano a leggere il romanzo di ascoltare le prime due canzoni, e, una volta finito il libro, “The last day on Earth”.

-          Sofia, il significato del titolo è davvero bellissimo! Rebecca grazie del consiglio, ascolterò sicuramente le canzoni.
Le protagoniste sono molto giovani, hanno 13\15 anni. C'è un motivo particolare per cui   avete fatto questa scelta?
Sofia: Credo che la genuinità e la spontaneità dei ragazzini sia molto bella, e in un romanzo come questo era molto importante dare voce proprio a una ragazzina che vive le sue prime esperienze, che cresce gradualmente, che vive il primo amore, che respira l’amore della sua famiglia, che si sente incompresa, che si sente grande e allo stesso tempo piccola… Inoltre, ho deciso anche di dare a Lia tredici anni anche perché il romanzo comincia nel 1943, ma durante il libro passano gli anni e Lia cresce, e non volevo che alla fine fosse una donna adulta, volevo che fosse una giovane donna, una Lia uguale ma diversa…

Rebecca: Volevo scrivere un romanzo sulla vita. Volevo raccontare una storia semplice, la storia di una ragazza qualunque. Josepha, la protagonista di “La mia amica ebrea”, ha quindici anni ed è stata una scelta ponderata, perché non è ancora una donna e non può comprendere il mondo come fanno gli adulti intorno a lei, ma non è più una bambina e quindi si pone delle domande che una protagonista più giovane non avrebbe potuto neanche pensare. “La mia amica ebrea” inoltre è un romanzo di formazione, la protagonista cresce durante il corso delle pagine e non solo perché, grazie all’amicizia che si forma con Rina – sua coetanea ebrea – comincia a mettere in dubbio le parole che sente dire da sempre - che Hitler diffonde attraverso ogni mezzo disponibile - ma anche nella sua vita personale, quotidiana, ci sono dei cambiamenti. I suoi rapporti con le amiche di sempre cambiano, si avvicina all’amore… il libro inoltre ha un target di giovani lettori, perché se è importante che tutti ricordino, lo è ancora di più che siano i ragazzi a farlo, perché sono la generazione di domani.

-          C'è una scena dei vostri libri che vi sta particolarmente a cuore? Se sì, quale?
Rebecca: No, non c’è una scena che mi sta particolarmente a cuore, ma ce ne sono diverse che mi piacciono. Una che mi ha colpito molto è quella in cui Josepha decide di far scendere Rina dalla soffitta in cui si nasconde con parte della sua famiglia. Rina vive nel terrore da anni, si nasconde con la famiglia da un anno, non sa più che cosa sia vivere una vita normale, sono mesi che non si ferma a guardare il cielo, a respirare l’aria fresca e Josepha le permette di stare ferma sull’uscio della porta che da’ sul giardino di casa sua. Se ne stanno lì, sul ciglio del mondo, una ragazzina ariana e un’ebrea e per me sono un’immagine di speranza, un messaggio di pace, perché le differenze non facciano paura, non portino agli stermini, alle guerre, alla derisione, al bullismo, perché la vita sia un’avventura da condividere con gli altri, arricchendoci a vicenda.
Sofia: Ci sono molte scene cui mi sento vicina. Sicuramente provo sempre una stretta al cuore quando Lia è catturata e internata ad Auschwitz, quando leggo della sua innocenza e della sua speranza. Sento vicine anche le scene in cui Lia parla dei suoi sogni, in cui si mette alla prova, in cui, nonostante tutto, nonostante le paure, nonostante l’essere tagliata fuori dal mondo e nonostante il nazismo, lei confida ancora nella vita. C’è una frase che Lia non smette mai di ripetere: La vita è meravigliosa, non smettiamo mai di amarla. Perché questa è Lia, non è solo un’ebrea, un qualcuno di sbagliato durante la Seconda Guerra Mondiale, ma è principalmente una ragazzina come tante, una ragazzina con i suoi sogni, con la certezza che, quando va tutto male, se guardiamo da un’altra parte e se speriamo allora tutto andrà meglio…

-          Mi fate commuovere anche solo descrivendo alcune scene dei vostri romanzi.
Perché “La mia amica ebrea” e “Quando dal cielo cadevano le stelle” devono essere letti? Cosa volete trasmettere attraverso questi?
Rebecca: “La mia amica ebrea” deve essere letto perché racconta un lato poco conosciuto dell’Olocausto. Quando ho scritto questo romanzo volevo alzare il velo sui tedeschi che spesso vengono visti come “i mostri” della Seconda Guerra Mondiale. Voglio ricordare che in nessun caso dobbiamo fare di tutta l’erba un fascio. C’erano anche persone come Josepha e suo padre, che hanno rischiato di tutto pur di salvare anche solo un ebreo. Gli anni passano ed è semplice ricordare gli orrori dell’Olocausto solamente durante la Giornata della Memoria, invece, dobbiamo portarli sempre con noi, non perché ci intristiscano o appesantiscano le nostre giornate, tutt’altro, perché ci ricordino quanto siamo fortunati a vivere in un mondo di pace (almeno noi italiani). “La mia amica ebrea”, a dispetto del tema, è un romanzo sulla vita. Le vite di Josepha e Rina si scontrano e s’incontrano: la guerra, l’odio, la barbarie della razza umana, la follia di un uomo come Hitler sono temi importanti nel libro, ma ho voluto raccontare la storia di un’amicizia, una storia di speranza, una storia che parla delle piccole e grandi meraviglie della vita di tutti i giorni.
Sofia: Penso che nessuno dovrebbe dimenticare un passato neanche troppo lontano. Come ho accennato, ho scritto questo romanzo proprio per non dimenticare le vittime del nazismo, le famiglie che si sacrificarono per loro, i sogni dei bambini ebrei, le speranze degli adulti, le paure, le bombe, i campi di concentramento… Spero solo che tali atrocità non vengano mai ripetute. Ma spero che da “Quando dal cielo cadevano le stelle” i lettori possano prendere anche altro, come l’amore per la vita, l’esperienza del primo amore e che possano confermare come sognare sia sempre possibile, anche quando tutto va a rotoli, anche quando ti senti incompreso, anche quando sei solo contro tutti. Non dimenticare e non smettere mai di amare la vita.

-          Avete nuovi romanzi in cantiere? Se sì, pensate di rimanere sul genere storico o vi piacerebbe sperimentare nuovi generi?
Sofia: Scrivo giornalmente, ma mi sto anche dedicando all’editing di un secondo romanzo che uscirà a giugno. Non si tratterà di uno storico, ma di un contemporaneo. Le protagoniste sono due ragazze di nazionalità opposte, che s’incontrano, si trovano e creano un profondo legame. Il tutto è ambientato in India, il Paese peggiore in cui nascere donna. Affronterò tematiche molto importanti quali i diritti negati alle donne, i matrimoni combinati, il potere degli uomini, la corruzione…
Rebecca: Scrivo quasi ogni giorno quindi ho sempre dei romanzi in cantiere! So già quale sarà il prossimo che uscirà e arriverà in estate. Sì, anche quel romanzo sarà di genere storico, ed è una storia cui tengo molto. Non posso dire molto, ma si tratta di un romanzo che racconta la storia di una ragazza veramente esistita e di cui sappiamo pochissimo. È una storia forte, cruda, che mi ha colpita e che ho voluto raccontare. Naturalmente, come scrittrice per me è stata una sfida cimentarmi nel dar voce a una persona realmente esistita ma, come ho accennato, è un romanzo cui tengo molto. Mi piacciono molto i romanzi storici, adoro sia leggerli sia scriverli, perché c’è così tanto da imparare dalla Storia, ci sono così tante persone (spesso poco conosciute) di cui poter raccontare e altri periodi storici che invece mi affascinano solo perché sono come mondi lontani, però scrivo anche altri generi. Non ho alcun interesse nei generi fantasy, distopici, paranormal – romance e thriller, per il resto, potrei provare di tutto!

-          Aspettiamo i vostri nuovi romanzi allora, già da come li avete presentati brevemente mi hanno incuriosita.
L'intervista è finita. Grazie per essere state qui con noi, in bocca al lupo!
Rebecca e Sofia: Grazie a te per averci ospitate e grazie ai tuoi lettori per averci lette!

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