BlogTour "Legio M Ultima. Sfida all'impero" di I Demiurghi [Prima Tappa] - L'incipit - Un lettore è un gran sognatore | Blog di letteratura, storia, cultura, teatro

lunedì 12 dicembre 2016

BlogTour "Legio M Ultima. Sfida all'impero" di I Demiurghi [Prima Tappa] - L'incipit

Buongiorno e buon inizio settimana! 
Io come sempre sono poco presente, ultima settimana di sforzi e poi finalmente mi sarò tolta questo incubo della tesi e potrò tornare ad aggiornare il blog con più regolarità. 
Ad ogni modo, oggi ospito la prima tappa del blogtour dedicato a Legio M Ultima. Sfida all'impero de I Demiurghi. 

Pronti a scoprire l'incipit insieme? 
Astro Edizioni
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Era notte, la pioggia cadeva fitta sull’Urbe deserta. Il silenzio avvolgeva la capitale come una coltre di nebbia, interrotto ogni tanto solo dal rumore dei cani alla ricerca di cibo, tra i rifiuti gettati per strada.
Tutti erano chiusi in casa per non violare l’editto di Diocleziano, emanato il giorno prima. Quella notte le strade della città dovevano essere vuote, non ci sarebbero stati feste o banchetti, nessuno avrebbe trasportato mercanzie alle tabernae che si affacciavano in strada. Chiunque fosse stato trovato in giro, sarebbe stato arrestato e condannato alla damnatio ad bestias nell’anfiteatro Flavio.
Non era la prima volta che veniva istituita la Legge delle legioni. Era sempre stata giustificata come una necessità per la sicurezza dell’impero e, anche se ad alcuni appariva una bizzarria sapere Diocleziano troppo preoccupato per la propria incolumità, nessuno gli dava torto vista la fine dei suoi predecessori. Anche i senatori a lui ostili liquidavano la cosa come accettabile, essendo comunque ben lontana dalle follie di altri regnanti, come Caligola che aveva nominato senatore il suo cavallo.
Le vie intorno al palazzo imperiale risuonavano solo della lugubre eco dei passi dei soldati di guardia, che nascondevano quelli di figure furtive che lasciavano il palazzo in quella notte di pioggia, correndo sull’acciottolato bagnato. Una incespicò, scivolando, con il rischio di farli scoprire. Si allontanarono muti tra le vie deserte. Stretti nei loro mantelli passarono dietro alle terme di Traiano e, attraversando veloci la strada, imboccarono una laterale scoscesa e scivolosa che li condusse ai piedi del colle Oppio, sull’Esquilino. Entrarono in un buco scavato nel fianco della collina, nascosto da una grata avvolta da una pianta rampicante.
All’interno, protetti da occhi indiscreti, accesero delle torce per rischiarare il cammino. Le fiamme danzarono al ritmo dei passi affrettati; illuminando le pareti della grotta svelarono ai loro occhi, pochi passi più avanti, qualcosa di stupefacente. Terra e roccia avevano lasciato il posto a un corridoio ben conservato, con affreschi alle pareti e mosaici impreziositi da tasselli in oro sul basso soffitto. La terra del pavimento era battuta e, vista l’altezza esigua del passaggio, non doveva essere stato scavato del tutto. Ai lati si aprivano, come fauci, alcuni cunicoli secondari che si perdevano nell’oscurità.
Erano all’interno della Domus Aurea di Nerone, scoperta di recente, nella sede segreta della Specula, l’elite imperiale appena costituita. E, come i titolari di quel luogo che avevano profanato, ai piedi del cippo delle stelle, si riunirono per decidere le sorti dell’impero.
«Siamo qui per prendere una decisione importante. Diocleziano si è imposto imperator con la forza dei suoi eserciti, come nell’ultimo secolo hanno fatto i suoi predecessori. Cosa ci riserverà il futuro? Ve lo dico io, miseria e carestia! Non solo per il popolo di Roma, ma anche per noi, patrizi che discendono dalle antiche e nobili gentes dei tempi di Romolo. Noi che dovremo abbassarci alla stregua dei contadini a zappare la terra per un tozzo di pane, questo è quello che ci aspetta sotto il tallone di un generale plebeo! È forse questo il destino che volete per i vostri figli? Vedere i confini cedere alle invasioni dei barbari, la grandezza di Roma fatta a pezzi giorno dopo giorno, da fuori e da dentro i confini del nostro grande impero?».
L’uomo fece una pausa, poi riprese con enfasi. «Guardate! Guardatevi intorno! Hanno scavato per riportare alla luce la Domus Aurea, sepolta dalla terra e dalla vergogna che il nome di Nerone ancora si porta appresso… hanno ripulito questa sala, vi hanno messo questo obelisco di marmo nero su cui incastonano stelle in oro purissimo. Quanti soldi pubblici sprecati per questa illusione chiamata “Specula”! A che mai servirà? A prendere il territorio, a dare importanza a schiavi fuggiaschi e plebei, fino ad arrivare alla distruzione sistematica degli oppositori di Diocleziano, fino a devastare Roma stessa, violentando l’ideale che essa rappresenta».
Al coro di dissensi, l’uomo guardò i suoi alleati, scelti con oculatezza nel corso di quegli ultimi mesi, e riprese. «Bene, perché è questo che ci aspetta, se restiamo sotto il giogo di un barbaro generale arricchito. Ci vorranno anni di sopportazione e di falsi sorrisi; lavoreremo con scrupolo, attenzione e meticolosità e riformeremo una volta per tutte il nostro mondo, riportandolo alla grandezza e alla predominanza su tutti i popoli così come era ai tempi dei sette grandi re».
Lasciò passare l’ovazione, che rimbombò per la sala sotterranea e, come un padre paziente, attese che gli animi che aveva infuocato si quietassero, prima di porre la fatidica domanda. «Allora, signori, avete deciso?».
Un coro di assensi rispose all’interlocutore, che strinse le labbra soddisfatto. Levò in alto il pugno, armato di un pugio, e il colle Oppio riecheggiò di un’unica invocazione: «MORTE ALL’IMPERATORE!».
*
Alle prime luci dell’alba l’uomo estrasse da una madia, nel suo studio privato, una vecchia scacchiera di latrunculi, disponendo le pedine bianche e nere su due file contrapposte. Per ultima mise giù quella che lo rappresentava, il dux nero. Quindi fece la prima mossa, spostando una pedina laterale.
La partita era iniziata.

Continuate a seguire il blogtour e non perdetevi le altre tappe!Ecco il calendario completo:

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