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“Gli
incurabili romantici” è il tuo romanzo d’esordio. Da dove nasce l’idea?
L’idea di questo romanzo è nata
dopo aver letto un articolo di cronaca in cui si raccontava la storia di un uomo
che aveva lasciato il proprio posto di lavoro per cinque anni senza che nessuno
se ne rendesse conto. L’azienda continuava a pagarlo ma lui a lavoro non ci
andava. Questa storia mi ha da un lato colpita ma dall’altro mi ha creato grande
angoscia perché mi sono chiesta come sia possibile che nel 2017 una persona
sparisca dal proprio posto di lavoro senza che nessun collega se ne renda conto,
senza suscitare reazioni da parte di nessuno. E mi sono resa conto che questa
non è fantasia ma, purtroppo, è proprio la realtà. Una volta uscito questo mio
libro ho ricevuto e letto una serie di articoli su altri casi simili. In Europa
ci sono stati vari casi come questo, non sarà né il primo né l’ultimo. Quindi è
da qui che è nata la trama della storia, che è nato il personaggio di Adrien al
quale ho poi accostato il personaggio di Louise perché avevo bisogno di dare a
lui una ragione che lo portasse a lasciare il proprio posto di lavoro. Questa è
la base della storia. Poi le riflessioni hanno portato le cose a costruirsi
pian piano, da un personaggio poi è nata una situazione ed è così che ho affibbiato
a Louise un cancro al polmone. Avevo bisogno di una svolta in questa storia.
Adrien pian piano ha riempito il vuoto lasciato dentro di sé dal suo lavoro per
riempirsi di Louise che a sua volta si è svuotata perché è andata incontro alla
morte.
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Louise
è una donna vivace, vive con leggerezza ogni situazione, anche quella più
drammatica. Riesce a essere sempre positiva e, anche quando scopre di avere il
cancro, non si lascia abbattere. Si può ritrovare qualcosa di te nel suo
personaggio?
Non somiglio a Louise per il
fatto della malattia, perché fortunatamente non ne ho avuto a che fare. Ci sono
delle cose che cerco di rubare dal suo personaggio perché la trovo fantastica.
Forse un punto che abbiamo in comune è questo: cerco di mettere distanza tra me
e le cose che accadono, perché ritengo che questo sia il modo migliore al giorno
d’oggi per gestire gli eventi difficili che la vita ci pone davanti. Mettere quindi
distanza tra noi e le cose e far avvolgere tutto dall’ultimo sono cose che
cerco di fare quotidianamente. E tra l’altro è questo il perno del personaggio
di Louise, mettere distanza tra lei e le cose e riuscire a trasformare le cose
più complesse che le succedono in qualcosa di leggero, di più facilmente
gestibile. È questo il punto che ci unisce.
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Nel
tuo romanzo affronti un tema importante e doloroso come quello del cancro, ma
riesci a parlarne in modo delicato. Quanto è stato difficile affrontare questo
argomento?
Quando ho deciso di introdurre
questo tema nel romanzo ero perfettamente consapevole che si trattava di un
tema molto delicato e complesso, quindi ho iniziato a leggere molto e a
informarmi da un punto di vista tecnico su quello che è il cancro, perché ho la
fortuna di non avere cari che sono stati colpiti da questa malattia. Ho
iniziato anche a parlare con i medici per cercare di capire quanto meno i
contorni di questa malattia. Una volta raccolte tutte le informazioni di cui
avevo bisogno, mi sono messa a scrivere accordando a me stessa tutta la libertà
possibile, cioè parlando di questa tema a partire dal mio punto di vista e dei
miei personaggi, senza riflettere troppo e senza lasciarmi prendere dall’angoscia.
In realtà io non volevo scrivere qualcosa sul cancro, se non attraverso questo
tipo di escamotage. Non avrei potuto scrivere del cancro se non lo avessi fatto
così.
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Rifacendoci
al forte legame che lega Adrien e Louise, cos’è per te l’amore?
Questa è una gran bella domanda.
Per quanto riguarda questo romanzo ho cercato di parlare dell’amore senza
giudicare, senza porre limiti a questo sentimento. E penso che questo sia il
modo più facile per esprimere l’amore che provano questi personaggi. Credo che
tutto ciò che si possa dire sull’amore non è sufficiente, non è all’altezza di
quello che è il sentimento dell’amore. Non esistono descrizioni e non esistono
parole che possano descrivere l’amore. Qualsiasi definizione non sarebbe
opportuna, e io stessa non darò una definizione perché vorrebbe dire tradire il
mio pensiero. Qualsiasi tipo di definizione sarebbe riduttiva e ridurrebbe anche
il sentimento dell’amore, perché l’amore è semplicemente il mistero assoluto. Qualsiasi
descrizione o tentativo di descrizione non sarebbe completo.
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Qual
è il messaggio che vuoi lasciare ai lettori de Gli incurabili romantici? Cosa vuoi che resti loro dopo la lettura?
Quando scrivo in realtà non
penso mai a come il lettore potrà accogliere e ricevere il mio romanzo. Può sembrare
strano ma quando io scrivo mi concentro sul lavoro, sul desiderio di scrivere
una storia con dei personaggi la cui trama stia in piedi: questo è ciò che
faccio. Concentrarsi sul lettore vorrebbe dire perdere di creatività e di
fantasia. E peraltro penso che una volta finito il mio lavoro di scrittrice il
libro non mi appartiene più perché a quel punto lo affido ai miei lettori e
sono loro che se ne appropriano. Quello che posso dire è che il libro è già uscito
in Francia e ha avuto un feedback molto positivo. Alcune persone che lo hanno
letto mi hanno detto che sono state felici di averlo letto perché sono stati o
loro malati o hanno avuto dei cari malati, e mi hanno detto che questo libro ha
fatto loro bene perché sono riusciti a gettare uno sguardo diverso sulla
malattia. E questo mi ha colmato di gioia, per quanto non sia stata questa la
ragione per la quale ho scritto questo libro.
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