Intervista a Odile D’Oultremont: "Ci sono delle cose che cerco di rubare dal personaggio di Louise perché la trovo fantastica" - Un lettore è un gran sognatore | Blog di letteratura, storia, cultura, teatro

venerdì 31 maggio 2019

Intervista a Odile D’Oultremont: "Ci sono delle cose che cerco di rubare dal personaggio di Louise perché la trovo fantastica"



-         “Gli incurabili romantici” è il tuo romanzo d’esordio. Da dove nasce l’idea?
L’idea di questo romanzo è nata dopo aver letto un articolo di cronaca in cui si raccontava la storia di un uomo che aveva lasciato il proprio posto di lavoro per cinque anni senza che nessuno se ne rendesse conto. L’azienda continuava a pagarlo ma lui a lavoro non ci andava. Questa storia mi ha da un lato colpita ma dall’altro mi ha creato grande angoscia perché mi sono chiesta come sia possibile che nel 2017 una persona sparisca dal proprio posto di lavoro senza che nessun collega se ne renda conto, senza suscitare reazioni da parte di nessuno. E mi sono resa conto che questa non è fantasia ma, purtroppo, è proprio la realtà. Una volta uscito questo mio libro ho ricevuto e letto una serie di articoli su altri casi simili. In Europa ci sono stati vari casi come questo, non sarà né il primo né l’ultimo. Quindi è da qui che è nata la trama della storia, che è nato il personaggio di Adrien al quale ho poi accostato il personaggio di Louise perché avevo bisogno di dare a lui una ragione che lo portasse a lasciare il proprio posto di lavoro. Questa è la base della storia. Poi le riflessioni hanno portato le cose a costruirsi pian piano, da un personaggio poi è nata una situazione ed è così che ho affibbiato a Louise un cancro al polmone. Avevo bisogno di una svolta in questa storia. Adrien pian piano ha riempito il vuoto lasciato dentro di sé dal suo lavoro per riempirsi di Louise che a sua volta si è svuotata perché è andata incontro alla morte.

-         Louise è una donna vivace, vive con leggerezza ogni situazione, anche quella più drammatica. Riesce a essere sempre positiva e, anche quando scopre di avere il cancro, non si lascia abbattere. Si può ritrovare qualcosa di te nel suo personaggio? 
Non somiglio a Louise per il fatto della malattia, perché fortunatamente non ne ho avuto a che fare. Ci sono delle cose che cerco di rubare dal suo personaggio perché la trovo fantastica. Forse un punto che abbiamo in comune è questo: cerco di mettere distanza tra me e le cose che accadono, perché ritengo che questo sia il modo migliore al giorno d’oggi per gestire gli eventi difficili che la vita ci pone davanti. Mettere quindi distanza tra noi e le cose e far avvolgere tutto dall’ultimo sono cose che cerco di fare quotidianamente. E tra l’altro è questo il perno del personaggio di Louise, mettere distanza tra lei e le cose e riuscire a trasformare le cose più complesse che le succedono in qualcosa di leggero, di più facilmente gestibile. È questo il punto che ci unisce.

-         Nel tuo romanzo affronti un tema importante e doloroso come quello del cancro, ma riesci a parlarne in modo delicato. Quanto è stato difficile affrontare questo argomento?
Quando ho deciso di introdurre questo tema nel romanzo ero perfettamente consapevole che si trattava di un tema molto delicato e complesso, quindi ho iniziato a leggere molto e a informarmi da un punto di vista tecnico su quello che è il cancro, perché ho la fortuna di non avere cari che sono stati colpiti da questa malattia. Ho iniziato anche a parlare con i medici per cercare di capire quanto meno i contorni di questa malattia. Una volta raccolte tutte le informazioni di cui avevo bisogno, mi sono messa a scrivere accordando a me stessa tutta la libertà possibile, cioè parlando di questa tema a partire dal mio punto di vista e dei miei personaggi, senza riflettere troppo e senza lasciarmi prendere dall’angoscia. In realtà io non volevo scrivere qualcosa sul cancro, se non attraverso questo tipo di escamotage. Non avrei potuto scrivere del cancro se non lo avessi fatto così.

-         Rifacendoci al forte legame che lega Adrien e Louise, cos’è per te l’amore?
Questa è una gran bella domanda. Per quanto riguarda questo romanzo ho cercato di parlare dell’amore senza giudicare, senza porre limiti a questo sentimento. E penso che questo sia il modo più facile per esprimere l’amore che provano questi personaggi. Credo che tutto ciò che si possa dire sull’amore non è sufficiente, non è all’altezza di quello che è il sentimento dell’amore. Non esistono descrizioni e non esistono parole che possano descrivere l’amore. Qualsiasi definizione non sarebbe opportuna, e io stessa non darò una definizione perché vorrebbe dire tradire il mio pensiero. Qualsiasi tipo di definizione sarebbe riduttiva e ridurrebbe anche il sentimento dell’amore, perché l’amore è semplicemente il mistero assoluto. Qualsiasi descrizione o tentativo di descrizione non sarebbe completo.

-         Qual è il messaggio che vuoi lasciare ai lettori de Gli incurabili romantici?  Cosa vuoi che resti loro dopo la lettura?
Quando scrivo in realtà non penso mai a come il lettore potrà accogliere e ricevere il mio romanzo. Può sembrare strano ma quando io scrivo mi concentro sul lavoro, sul desiderio di scrivere una storia con dei personaggi la cui trama stia in piedi: questo è ciò che faccio. Concentrarsi sul lettore vorrebbe dire perdere di creatività e di fantasia. E peraltro penso che una volta finito il mio lavoro di scrittrice il libro non mi appartiene più perché a quel punto lo affido ai miei lettori e sono loro che se ne appropriano. Quello che posso dire è che il libro è già uscito in Francia e ha avuto un feedback molto positivo. Alcune persone che lo hanno letto mi hanno detto che sono state felici di averlo letto perché sono stati o loro malati o hanno avuto dei cari malati, e mi hanno detto che questo libro ha fatto loro bene perché sono riusciti a gettare uno sguardo diverso sulla malattia. E questo mi ha colmato di gioia, per quanto non sia stata questa la ragione per la quale ho scritto questo libro.

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