Recensione: "Fashion victim" di Amina Akhtar [Review Party] - Un lettore è un gran sognatore | Blog di letteratura, storia, cultura, teatro

lunedì 15 luglio 2019

Recensione: "Fashion victim" di Amina Akhtar [Review Party]



FASHION VICTIM
di Amina Akhtar
Leone Editore
344 pagine | 14,90€

Reduce da un passato oscuro e intriso di sangue, Anya St. Clair si crea una nuova identità e si fa assumere come editor da una celebre rivista di moda, La Vie. L’unica ragione di questo passo, a ben vedere, sembra essere l’ossessione per Sarah Taft, la seguitissima influencer che lavora per la stessa rivista. Forse non è un caso se la mente fragile di Anya comincerà presto a vacillare, schiacciata dalle umiliazioni subite in redazione; e così, perso ogni contatto con la realtà, le manie sfoceranno nel delirio assoluto. Tra stagiste vessate, armi improprie, vendette in grande stile e ironica ferocia, Anya metterà in piedi una grande macchina della morte, nel cui vortice cadranno tutti i suoi colleghi.



«Non puoi essere così ossessionata da quelle immagini. Non sono reali.» 
Lo ripetei finché, finalmente, anche lui lo capì. Avevo bisogno delle riviste e delle modelle flessuose. Dei vestiti da diecimila dollari. Di Sarah. Avevo bisogno di tutto quello per essere completa. Per essere reale.«Esiste forse qualcosa di reale? Voglio cose belle. Non c’è niente di sbagliato.» 

Quando si pensa alla moda e alle riviste che riguardano questo settore, il primo pensiero va sempre a Il diavolo veste Prada e alla famigerata Miranda Priestley. Ecco, ora immaginate una versione di questa commedia molto più cupa, tinta di rosso sangue, con una protagonista che non sia la dolce Andrea Sachs ma una ragazza con problemi mentali, Anya St. Clair.  

Anya è una ragazza che ha vissuto un passato difficile, ma decide di reinventarsi e di crearsi una nuova vita. Il suo obiettivo è quello di diventare una perfetta donna di La Vie e di essere la migliore amica dell’affascinante Sarah Taft, sua collega e influencer. Ma il suo non è solo un disperato bisogno di amicizia, per lei si tratta proprio di una vera e propria ossessione: Anya è disposta a tutto pur di ottenere l’amicizia di Sarah, anche a macchiarsi di sangue. Dopo essere stata assunta dalla rivista, Anya si sforza controllare i suoi squilibri mentali, grazie anche all'aiuto del suo mistero psichiatra, il dottor M. Ma quando qualcuno prova a mettersi tra lei e Sarah e capisce che l’impresa è ancora più difficile del previsto, inizia a mettere in moto un vero e proprio circolo della morte. Liberandosi dei suoi “nemici”, Anya è sempre più convinta di potersi avvicinare a Sarah e per un momento crede di esserci riuscita. 
I suoi piani però cambiano ben presto, anche a causa degli atteggiamenti di Sarah e le fissazioni di raggiungere il successo di Anya. 

Secondo il dottor M. sceglievo come amica sempre lo stesso tipo di ragazza per ripercorrere volta dopo volta la medesima storia, in un cerchio infinito. Non ne ero poi così convinta. Sceglievo solo ragazze carine a cui potevo piacere. Non c'era niente di sbagliato. Le ragazze carine - e di conseguenza le loro cerchie di amici- conducevano vite più facili, migliori. Era un dato statistico.
Narrare la storia attraverso la voce di Anya è uno dei punti forti del romanzo: in questo modo si riesce ad esplorare bene la mente pazza e folle di questa ragazza. In alcuni momenti ci si ritrova anche a compatirla, perché Anya appare come una persona emarginata che cerca di conquistare un proprio posto e un proprio ruolo sociale ben definito all'interno di un mondo che, si sa, sa essere molto crudele con chi non è una taglia 36 o con chi non è già nato ricco. 
Nonostante tutto, Anya risulta anche simpatica al lettore: le sue battute, anche in circostanze poco opportune, spezzano la tensione che si crea leggendo, e la sicurezza che riesce a tirar fuori dopo ogni omicidio, tanto da sembrare una vera vittima, è quasi da apprezzare. Anya è folle sì, ma nella sua follia riesce ad essere anche fin troppo ragionevole. 

I personaggi che fanno la loro apparizione, seppur breve, nella storia sono molti. Alcuni sono eccessivamente stereotipati, come il bellissimo detective Hopper che si occupa delle indagini, ma poco caratterizzati. Ad eccezione di Sarah. L’influencer appare come superficiale e insensibile, intenta a preoccuparsi solo che si parli di lei e che i suoi social siano sempre aggiornati. Il suo è un carattere menefreghista ed egoista, e in più di un’occasione dimostra quanto per lei sia importante solo la sua immagine e quanto non le importi calpestare gli altri. Neanche la morte delle sue colleghe la tocca minimamente; per lei è importante apparire su Instagram e Twitter, lanciare hashtag di successo. 
Altro personaggio curioso è il dottor M. Uno psichiatria che sembra fuori dagli schemi, al quale Anya si affida del tutto per cercare di controllarsi. 

Amina Akhtar con Fashion Victim ha regalato ai suoi lettori un thriller ambientato in un modo così frivolo, quello della moda, che può sembrare un territorio inusuale per questo genere. E proprio per questo motivo è risulta essere una lettura adatta a questa stagione dell’anno. Se siete deboli di stomaco, qualche scena potrebbe risultare pesante, ma nulla di eccessivo. 

Lo stile di Amina è così intrigante che la storia si legge tutta d'un fiato. E il finale... Quello vi stupirà, senza dubbio. Mai mi sarei aspettata un epilogo del genere, la mia mente aveva elaborato vari finali ma l'autrice riesce davvero a stupire. 

Sarah mi disprezzava. Odiava tutto di me. Non riuscivo a crederci. La sera prima era stata fantastica. Era venuta a salvarmi. No, era venuta a salvare Jack. Io ero solo un accessorio. Non ero nessuno. Era stata tutta una farsa.

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