Recensione: "Mine vaganti" | Teatro Manzoni - Un lettore è un gran sognatore | Blog di letteratura, storia, cultura, teatro

martedì 15 marzo 2022

Recensione: "Mine vaganti" | Teatro Manzoni

PH. Romolo Eucalitto

DALL'8 AL 20 MARZO 2022
MINE VAGANTI
 UNO SPETTACOLO DI FERZAN OZPETEK 
FRANCESCO PANNOFINO, IAIA FORTE, ERASMO GENZINI, CARMINE RECANO CON SIMONA MARCHINI
 E (IN O.A.) ROBERTA ASTUTI, SARAH FALANGA, MIMMA LOVOI, FRANCESCO MAGGI, LUCA PANTINI, EDOARDO PURGATORI 
 SCENE LUIGI FERRIGNO 
COSTUMI ALESSANDRO LAI
 LUCI PASQUALE MARI  
 



Ferzan Özpetek, dopo il grande successo al cinema, porta il suo pluripremiato Mine Vaganti anche a teatro, riscuotendo anche qui pareri più che positivi. Come lo stesso Özpetek ha affermato, la sfida è stata tutt’altro che facile: 
Come trasporto i sentimenti, i momenti malinconici, le risate sul palcoscenico? Questa è stata la prima domanda che mi sono posto, e che mi ha portato un po’ di ansia, quando ha cominciato a prendere corpo l’ipotesi di teatralizzare Mine vaganti. […] Certo, ho dovuto lavorare per sottrazioni, lasciando quell’essenziale intrigante, attraente, umoristico. Ho tralasciato circostanze che mi piacevano tanto, ma quello che il cinema mostra, il teatro nasconde, e così ho sacrificato scene e ne ho inventate altre, anche per dare nuova linfa all’allestimento. L’ambientazione pure cambia. Ora una vicenda del genere non potrebbe reggere nel Salento; perciò l’ho ambientata in una cittadina tipo Gragnano o lì vicino. In un posto dove un coming out ancora susciterebbe scandalo. Rimane la famiglia Cantone, proprietaria di un grosso pastificio, con le sue radicate tradizioni culturali alto borghesi e un padre desideroso di lasciare in eredità la direzione dell’azienda ai due figli. 

Tommaso Cantone (Erasmo Genzini) ci accompagna sin dall’inizio della storia come voce narrante. Ritornato a casa da Roma, è pronto a confessare a tutta la sua famiglia di essere omosessuale, di studiare in realtà Lettere e di non voler lavorare nel pastificio. Decide di aprirsi prima con suo fratello Antonio (Carmine Recano), che però ha a sua volta qualcosa da confessare… E infatti, alla cena di famiglia, anticipa Tommaso e fa coming out. Si scatena così un gran casino, con il padre che arriva a sentirsi male. Antonio  viene cacciato via di casa e Tommaso sa di non poter più dire nulla, perché causerebbe un’ulteriore spaccatura in famiglia. Inizia così un susseguirsi di equivoci e momenti deliranti, il tutto accompagnato anche dall’arrivo degli amici di Tommaso, molto effeminati nei modi. Il padre Vincenzo Cantone (Francesco Pannofino) si rifiuta di accettare il figlio e si lascia andare ad appellativi dispregiativi, la madre Stefania (Iaia Forte) è ancorata ai vecchi pregiudizi e ha paura di ciò che gli altri potrebbero dire sul loro conto. 
Si eccede con gli stereotipi e si porta all'estremo quella che potrebbe essere considerata una situazione surreale, ma che rappresenta la triste realtà di alcuni paesi. In questo modo Ferzan Özpetek vuole far ridere il suo pubblico, ma vuole anche portarlo a riflettere. 

E il pubblico in sala viene richiamato a rivestire il ruolo di gente di paese, che ti fissa e ti osserva come se ci si trovasse in piazza. Gli occhi degli spettatori sono proprio quegli occhi dai quali vuole difendersi la famiglia Cantone, che vive le sue disavventure troppo preoccupata di come possa essere vista e giudicata all’esterno. 

Cast eccellente quello che si vede sul palco: gli attori dimostrano grande affiatamento e ognuno di loro si mostra perfetto nella parte interpretata. Ogni personaggio è ben caratterizzato e rientra in uno dei classici stereotipi italiani: dal padre troppo grottesco, alla zia che ama l'alcool, alla cameriera pettegola. Il ritmo è sempre incalzante e non ci si annoia mai, grazie a dialoghi vivaci e al sarcastico e tagliente scambio di battute tra i personaggi. 

Ricchi di pathos i monologhi di Tommaso e della nonna, quando davanti al suo specchio si abbandona alle sue riflessioni e ai suoi ricordi, colpevole anche lei di un amore ritenuto non opportuno. Simona Marchini riesce a rivestire perfettamente i panni di una nonna amorevole, che capisce i suoi nipoti ancora prima che loro parlino. Una donna elegante e saggia, l’unica in grado di trovare una soluzione per far riappacificare la famiglia. La mina vagante, come viene definita. 

Trattare il tema dell’omosessualità può rivelarsi un compito ostico, ma va dato un grande merito a Mine Vaganti per il modo in cui lo fa. Non bisogna mai vergognarsi di dire chi si è veramente e la famiglia dovrebbe essere sempre un sostegno in questo. Ciò che pensano gli altri non è importante, bisogna andare oltre i pregiudizi.

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