Recensione: "Blackout" di Roberto Leonardi - Un lettore è un gran sognatore | Blog di letteratura, storia, cultura, teatro

giovedì 8 ottobre 2020

Recensione: "Blackout" di Roberto Leonardi

 


Blackout

di Roberto Leonardi

Leone Editore

336 pagine | 14,90€


Ethel e Christopher Goldwyn sono sposati da un paio d’anni. Il marito decide di cambiare vita: lascia il proprio lavoro di teatrante e si trasferisce con la moglie a Joylet, un paesino sui generis della Pennsylvania, mettendosi alle dipendenze di Fred Hutchison come minatore. Nei primi mesi, Ethel entra in confidenza con Coleman Cox, il gestore della tavola calda del paese, e con la famiglia Rivera. Tutto cambia nei primi giorni di gennaio. Un’abbondante nevicata, il crollo del vecchio ponte che collega Joylet al resto dello Stato e che costringerà i minatori a restare lontani dal paese, e l’omicidio di Violet Rivera. L’improvvisa interruzione dell’energia elettrica e una sequela di nuovi omicidi contribuiscono ad aumentare il terrore e, soprattutto, a fomentare gli animi. Gli abitanti rimasti a Joylet si accusano l’uno con l’altro, nessuno escluso. Ognuno di loro potrebbe essere l’assassino. Il primo a essere additato è Joseph Walker, un ex minatore che, dopo aver perso un occhio e il posto di lavoro è rimasto inspiegabilmente a vivere lì, ma il ritrovamento del suo cadavere ribalta la situazione, obbligando gli abitanti di Joylet a scegliere di chi fidarsi.



Tu, tua madre, io. Prima o poi moriremo tutti. E sta proprio lì il punto: capire quanto sia sottile la linea che separa la vita terrena da quella eterna. L'apprendere che si è vulnerabili, esposti. L'essere impontenti davanti a una sciagura, a un destino crudele, a un terremoto improvviso. A un assassino. 



Ethel e Christopher Goldwyn sono una coppia come tante: sposate da poco, aspirano a una vita migliore e a un lavoro con una buona entrata. 

Così, quando a Christopher si presenta l'occasione di lavorare come minatore e avere un buon stipendio, si trasferiscono nella cupa e misteriosa Joylet, un paesino molto piccolo in Pennsylvania. Ma questo sarà l'inizio del loro incubo, non della loro favola: Joylet e i suoi abitanti hanno un'aria un po' sinistra, un'atmosfera che sin da subito fa mettere i brividi a Ethel. 


Ed è proprio durante una tormenta di neve che inizia l'inferno: l'unico ponte che collega Joylet al resto del mondo crolla, la luce viene a mancare e un omicidio sconvolge la città. Ethel si ritrova separata da suo marito, dall'altra parte del ponte, e deve affrontare da sola lo scetticismo degli abitanti di Joylet e capire chi è l'assassino che ha messo fine alla vita della sua cara amica Violet. La storia si svolge tra presente e passato: Ethel, circa vent'anni dopo, racconta al nipotino Steven, attraverso i suoi diari, ciò che accadde quel terribile inverno del 1982. Quattro capitoli ben scanditi tra loro, che richiamano i titoli dei suoi quattro quaderni colorati. 


Tutta la storia dunque viene raccontata dal punto di vista di Ethel, e ciò ci consente di conoscere al meglio questo personaggio, che è quello più caratterizzato. Ethel appare come una donna tormentata da molti fantasmi e soffre ancora molto per la scomparsa della sorella avvenuta quando era molto piccola. A volte, addirittura, si ritrova a sentire delle voci. Ma sono reali? O se le immagina? Più di una volta, si dubita sulla sua stabilità mentale, che sembra vacillare. Anche se dimostra di avere un gran coraggio in determinate situazioni. Oltre a lei e al marito, incontriamo molti personaggi. E ognuno di loro è importante per lo svolgimento della storia, nessuno viene inserito a caso.

 

Le descrizioni sono così dettagliate nel corso della storia da rendere la lettura ancora più piacevole: Joylet viene così ben tratteggiata da riuscire a percepire quella stessa inquietudine che prova Ethel guardandola la prima volta. E l'inverno, con quel suo freddo pungente e la neve che scende copiosa, risulta essere l'ambiente perfetto: il bianco della neve, così candida, entra quasi in contrasto con il rosso del sangue che scorre a Joylet. 


Un cartello segnaletico - lettere bianco sporco su sfondo verde, recante la scritta BENVENUTI A JOYLET - era il massimo dell'accoglienza che potesse riservarci quell'insieme concentrico di costruzioni. 

 

La lettura, grazie allo stile scorrevole e accattivante dell'autore, mi ha così tanto coinvolta che avevo quasi paura di rimanere delusa dalla rivelazione dell'assassino e dal finale. E invece... Roberto Leonardi ha mostrato grande abilità nel riuscire a costruire un finale magistrale. In un primo momento ci si troverà destabilizzati, perché pagina dopo pagina ci si ritroverà a dubitare di tutti e di nessuno. 


L'autore ha la gran capacità di tenere il lettore con il fiato sospeso in ogni momento. La tensione è sempre alta nel corso della lettura, le scene sono così ben raccontate e ricche di suspense da sembrare reali. Si faranno teorie, supposizioni, forse è lui, forse è lei... ma ecco che arriva la parte migliore. Perché è il finale che dà quel tocco in più a questo thriller. Un finale in cui verranno stravolte tutte le certezze avute fin quel momento, in cui il lettore si troverà spiazzato. E in cui resterà un'unica certezza: l'essere umano è molto fragile, imperfetto, e non può nulla di fronte alla morte. 




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