"Ricorda il tuo nome" di Nicola Valentini. Tra le pagine: luoghi ed estratti del romanzo - Un lettore è un gran sognatore | Blog di letteratura, storia, cultura, teatro

mercoledì 20 febbraio 2019

"Ricorda il tuo nome" di Nicola Valentini. Tra le pagine: luoghi ed estratti del romanzo



Non è mai facile raccontare tutto ciò che gli ebrei subirono durante la Seconda Guerra Mondiale. Penso che sia uno dei temi più delicati da affrontare, ma Nicola Valentini in Ricorda il tuo nome lo fa con estrema sensibilità.
È un thriller scritto così bene che ci fa quasi rivivere l’orrore di quel tempo, grazie non solo alla forte caratterizzazione dei personaggi, ma anche grazie all’ambientazione ben delineata.
Buchenwald si trova in quella parte della Germania che diventò Ddr dopo la guerra. Da questo lungo viale, la prima cosa che il visitatore vede è il monumento costruito per la memoria. Lo si scorge a chilometri di distanza e la sua vista, unita alla consapevolezza di quello che vi è successo, sembra quasi un monito per l’umanità. […] Ho appena imboccato la strada principale, quella da cui tra poco potrò rivedere l’ingresso principale del campo. Dopo la guerra l’hanno battezzata Blustraße, strada del sangue.
Bunchewald è uno dei luoghi protagonisti di questo thriller. Istituito nel luglio 1937, fu uno dei più grandi campi di concentramento della Germania nazista. Furono deportati circa 240mila uomini, e addirittura si dice che le vittime furono 56mila.
Avanzo ancora ed ecco il recinto di filo spinato: sono quasi tentato di andarlo a toccare per vedere se è ancora elettrificato. Mi guardo attorno e vedo anche le torrette di sorveglianza, ma dentro non c’è nessuna guardia. […]. Volgo lo sguardo un po’ più a destra e sento il cuore perdere un colpo: ho appena messo a fuoco il famigerato bunker, la prigione del campo. È stata la mia casa, con le celle, gli uffici della direzione delle SS, l’edificio dove gli ospiti venivano rasati, disinfettati e catalogati. E poi ecco il piazzale delle adunate.
Altro luogo importante del romanzo è la clinica San Marco, in Norimberga, dove si conoscono Saul Ben Younes e Zakhor nell’aprile 1945. Una delle tante cliniche affollate che ospitavano coloro che erano riusciti a sopravvivere ai lager.
Un posto che, seppur tra non poche difficoltà, riusciva a regalare ai suoi ospiti quella tranquillità che era venuta a mancare da tempo. Ed era anche il posto in cui i degenti pian piano recuperavano il rapporto con il mondo esterno, non erano più costretti a stare in un’area ristretta delimitata da un filo spinato. Ma non solo: molti pazienti arrivavano lì senza memoria, senza ricordarsi il proprio nome, e dovevano intraprendere un percorso di recupero di quell’identità che i nazisti gli avevano portato via. È proprio il caso di Zakhor, giunto lì con il volto sfigurato e senza nessun ricordo.
La prima volta che videro il panorama esterno della clinica furono condotti da due infermiere giovanissime che si rivolgevano a loro in modo fin troppo gentile e mieloso, quasi con pietà; però la passeggiata servì a far apprezzare loro nuovamente il mondo esterno. Si limitarono al lungo viale alberato che conduceva nel parco, perfetto per apprezzare l’aria ormai fresca sulle parti scoperte dei loro corpi, evitandogli al contempo il tenue sole del periodo. Quell’angolo di clinica era un’oasi di pace e tranquillità in cui erano accompagnati anche dai lievi rumori della natura e dalle voci smorzate degli altri residenti.

Nella clinica San Marco Saul e Zakhor instaurano un rapporto profondo ed è attraverso i ricordi di Saul che riviviamo l’arrivo a Buchenwald degli ebrei e tutto ciò che sono costretti a patire dopo. Un vero e proprio luogo infernale: solo a leggere certe descrizioni, certe situazioni, viene la pelle d’oca. 
I ricordi di Buchenwald sono vividi nella mente di Saul: Buchenwald ti privava di tutto, non solo del tuo nome. La fiducia era è un valore perso ovunque, nessun deportato si fidava dell’altro per paura che qualcuno potesse tradirlo.  Portava una persona anche a desiderare di morire il prima possibile, e a cercare questa morte, disobbedendo a un ordine oppure provando a fuggire, così da sperare che le SS sparassero subito.
Il crematorio era stato ricavato in un tunnel. […] A volte accadeva che i prigionieri venissero eliminati in una delle camere a gas improvvisate che si trovavano nello stesso tunnel. I corpi venivano trasportati dall’altra parte dove c’erano i forni. Anche qui era necessario ottimizzare il lavoro. Si stipavano i cadaveri in maniera da riempirli completamente: quelli dei bambini venivano sistemati in modo da tappare ogni buco libero. […] I forni erano accesi ventiquattro ore su ventiquattro, tutti i giorni.
Gli ebrei altro non erano che delle bestie, non erano considerati come esseri umani.
Da Buchenwald, alcuni ebrei furono spostati a Dachau, campo di concentramento che, insieme a quello di Auschwitz, è diventato un simbolo dei lager nazisti. La marcia per arrivare a Dachau viene descritta da Saul come una lunga agonia, e molti avevano incontrato la morte durante lo spostamento.
Ma a Dachau Saul non arriverà mai, perché resta ferito alle porte di una cittadina non molto lontana da quel lager. E da lì si ritrova alla clinica San Marco.  
Quando Saul e Zakhor escono dalla clinica, la scena si sposta in varie città, da Amburgo a Berlino, da Stoccarda a Monaco. È in queste città che si consuma la vendetta dei due protagonisti, desiderosi di vendicarsi di quanto successo a Buchenwald, di avere la loro giustizia.
E finalmente riecco davanti a me l'ingresso. Altre persone, in silenzio, sono dirette lì, stanno per entrare; alcuni giovani sorridono abbracciati, mentre si fanno un selfie con lo sfondo del cancello e di quella scritta a me familiare: Jedem das Seine, "A ciascuno il suo". Adesso sono proprio sotto la scritta; non vedo più nessuna delle persone attorno; i miei occhi ormai malati rivedono soltanto le immagini di allora: il campo con gli stessi colori, gli stesso odori di un tempo, divisi e simboli delle SS. [...] Odo voci brutali che danno il tormento, rivedo cani che abbaiano e che azzannano, sento ordini, lamenti, implorazioni e pianti di bambini e di mamme disperate. 

1 commento:

  1. Finalmente passo a commentare le tappe :D Anche io leggendo le descrizioni di Saul, sia dei luoghi sia degli avvenimenti, ho provato così tanta empatia da sentirmi quasi là, con lui, con Zakhor, con Shimon e tutti gli altri che hanno dovuto subire la loro sorte di forzata reclusione... Insomma, Nicola Valentini ha saputo coinvolgermi tantissimo, a tutto tondo, e di questo non lo ringrazierò mai abbastanza <3

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