Recensione: "I fiori della morte" di J. J. Ellis - Un lettore è un gran sognatore | Blog di letteratura, storia, cultura, teatro

mercoledì 18 maggio 2022

Recensione: "I fiori della morte" di J. J. Ellis

 


I fiori della morte
di J. J. Ellis
Ponte alle grazie
368 pagine | 18,90€ 

Giornalista inglese trapiantata a Tokyo, Holly Blain è stanca di doversi occupare di zuccherose popstar per adolescenti. È a caccia di notizie vere, stimolanti. Cronaca nera. Quando incontra l’ispettore Tetsu Tanaka capisce di avere finalmente fra le mani la grande occasione che aspettava: una ragazza svedese, Elin Granqvist, viene trovata morta, e nelle stesse ore scompare Marie-Louise Durand, francese. Tanaka è un poliziotto ligio alle regole, e non vorrebbe coinvolgere una giornalista così ambiziosa in un’indagine tanto delicata. Ma l’ispettore non ha scelta: grazie al suo look androgino, Holly riesce a mimetizzarsi perfettamente nello sterminato alveare di Tokyo, scoprendo elementi decisivi per l’indagine. Le intuizioni di Holly e Tanaka portano a delineare la figura di un misterioso killer, ossessionato dalla fioritura dei ciliegi e dai minuziosi rituali della tradizione del suo Paese, e con una morbosa predilezione per Roy Orbison e le sue ballate intrise di malinconia. Sullo sfondo di un Giappone sospeso tra un futuro ipertecnologico e un passato immutabile, l’autore confeziona un thriller magistrale e dal ritmo incalzante, dove ogni personaggio è costretto a fare i conti con le proprie origini: un vuoto da colmare, un incubo psicologico da cui fuggire.




I gambi, i boccioli, i fiori. Togliere le foglie, persino il bocciolo, per ottenere la sensazione giusta, per assicurare un ma sufficiente, uno spazio negativo sufficiente. Quando ebbe completato l'opera, la eresse di fronte all'alatare. Tutto conduceva al punto focale. Lo spazio che, un giorno, sarebbe stato occupato da una giovane donna o da una ragazza.  

Con I fiori della morte, J. J. Ellis dà inizio alla trilogia con protagonisti l’ispettore giapponese Tanaka e la giornalista inglese Holly Blain. 

Tutto inizia quando una ragazza francese, Marie-Louise Durand, scompare da un negozio di abbigliamento. Non sarebbe così tanto preoccupante per l’ispettore Tetsu Tanaka , se non per il fatto che è la seconda giovane che sparisce nell’arco di poco tempo: infatti, si sono perse le tracce anche della svedese Elin Granqvist. Quest’ultima, viene ritrovata morta qualche giorno dopo. Da qui, l’ispettore Tanaka inizia ad indagare con la complicità della giornalista Blain, che spera di poter iniziare a scrivere di cronaca nera e non più di spettacolo. I due non sempre si trovano d’accordo e spesso si scontrano, ma la loro collaborazione è preziosa per venire a capo del caso. 

La narrazione si districa tra le indagini di Tanaka, quelle di Blain e le azioni dell’assassino. Pur essendo sempre in terza persona, l’alternanza del punto di vista ci permette di conoscere meglio non solo Tanaka e Blain, ma anche l’assassino e ciò che lo ha portato a compiere determinati gesti. Sosia di Roy Orbinson , la sua volontà è quella di ricostruire i ricordi felici della sua infanzia, fino a quando varie tragedie lo hanno colpito.
Molto bello il rapporto che nasce tra Tanaka e Blain. Entrambi hanno avuto delle mancanze nella loro vita, e spero che su Blain scopriremo qualcosa di più nei prossimi libri. 
Blain è una donna coraggiosa e disposta a tutto pur di ottenere ciò che vuole. Può apparire anche fin troppo sfrontata, ma è la sua testardaggine e il suo intuito a permettere a Tanaka di arrivare a risolvere il caso che si stava rivelando più difficile del solito. Il suo personaggio rappresenta una sorta di riscatto, essendo una donna capace di far sentire la sua voce in un mondo molto maschilista. L’ispettore inizialmente è diffidente nei suoi confronti, convinto che fosse solo la classica giornalista alla ricerca di uno scoop. Si ricrede ben presto e si affeziona a lei quasi come fosse una figlia. C’è anche una correlazione tra Tanaka e l’assassino: entrambi hanno avuto un’infanzia difficile. Ma mentre il primo è riuscito a risollevarsi, creando una sua famiglia e realizzandosi nel lavoro, il secondo ne è rimasto così ossessionato da volerlo ricreare. 

La penna di J. J. Ellis riesce magistralmente a far vivere a tutti i suoi lettori i bellissimi luoghi giapponesi: grazie a descrizioni accurate sembra quasi di poter toccare e sentire l’aria nipponica con i suoi ciliegi in fiore. I Sakura sono venerati in Giappone: la loro bellezza è ineguagliabile così come la loro fragilità. Fragili e passeggeri come la stessa vita umana. 
 E il Giappone non fa solo da sfondo, ma è parte integrante della storia. La sua cultura predomina ad ogni pagina, da quella dei fiori a quella della musica, con gli otaku e i gruppi famosi, al cibo. Viene anche messa in evidenza una falla nella polizia giapponese: molto spesso si tende ad archiviare un caso come suicidio e non si va a fondo anche quando ci sarebbero più che validi motivi per farlo. Proprio per questo motivo, il Giappone è uno dei Paesi con un basso numero di omicidi. 

Ci sono però alcuni punti che mi lasciano perplessa. Primo tra tutti, non lo definirei un thriller vero e proprio. Lo riterrei più un thriller soft, perché il colpo di scena e la suspense non sono predominanti.
Nonostante ciò, lo stile fluido e scorrevole, a volte anche poetico di J.J. Ellis riescono a coinvolgere il lettore. Inoltre, durante la narrazione ho trovato elementi che sono sembrati di troppo, come ad esempio le indagini riguardanti il padre di Marie-Louise Durand, lasciate poi a se stesse. 

Ad ogni modo, I fiori della morte è un thriller poliziesco con una trama ben costruita che merita di essere letto soprattutto per la sua ambientazione.  

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